Di Helga C. Zanotti
Il concetto di moneta virtuale definito all’art. 1 del d. lgs. n. 231/2007 come modificato dal d. lgs. 125/2019 presenta un’integrazione alla definizione proposta dalla direttiva 2018/843, indicando espressamente la finalità d’investimento quale possibile motivo d’acquisto.
Se la vendita di bitcoin è pubblicizzata come proposta d’investimento -e non come mezzo di scambio- trovano applicazione gli artt. 91 e seguenti del Testo Unico Finanziario, circostanza già prospettata dalla sentenza 26807 resa dalla Corte di Cassazione sez. penale il 17.9.2020. La conseguenza dell’inquadramento giuridico operato è che l’omissione degli adempimenti di cui agli artt. 91 e ss. del Testo Unico Finanziario configura il reato di esercizio abusivo dell’attività finanziaria.
L’166 comma 1 lett. c) T.U.F. punisce chiunque “offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento”. Le valute virtuali acquistate su piattaforme di scambio costituiscono strumenti finanziari, qualora l’investimento finanziario presenti specifiche caratteristiche, quali il ricorso a capitali collegati al denaro ovvero ad un capitale proprio, anche in valute virtuali, l’attesa di un rendimento ed il rischio proprio dell’attività scelta direttamente connesso all’impiego di capitali. Quando queste caratteristiche ricorrono il bitcoin è uno strumento di finanziamento, perciò trovano applicazione le norme relative all’intermediazione finanziaria presenti nel Testo Unico Finanziario. Questo garantisce all’investimento una tutela specifica, poiché si tratta di una disciplina speciale concepita per tutelare l’investimento, anche mediante importanti obblighi informativi nei confronti del consumatore/investitore che effettua l’investimento.
Resta da chiarire la terminologia impiegata, poiché l’espressione “valuta virtuale” evoca un tipo di moneta, non proprio uno strumento finanziario ai sensi dell’art. 1 comma n. 2 del Testo Unico Finanziario, dove non trovano spazio le valute virtuali e quindi il bitcoin. Inoltre la Corte di Cassazione si sofferma sui requisiti che competono al prodotto finanziario, includendovi anche le forme d’investimento diverse dagli strumenti finanziari ai sensi dell’art. 1 lett. u) del Testo Unico Finanziario.
La Corte di Cassazione effettua un’equiparazione fra uno specifico token, il c.d. LWF Coin e il Bitcoin, perciò quest’ultimo è un tipo d’investimento come il primo. Il dubbio che sorge dipende dagli indizi raccolti in sede di indagine dal pubblico ministero, i quali potrebbero essere utility tokens, ossia titoli digitali che legittimano l’acquisto di beni e servizi digitali e non security tokens, ossia tipi di strumenti finanziari, come aveva ritenuto il Giudice per le Indagini Preliminari del tribunale di Brescia, respingendo la richiesta di sequestro preventivo.
Un importante ausilio per far chiarezza sul concetto di strumento finanziario è rappresentato dal DLT, il Regolamento comunitario 2022/858, che interviene sulla definizione resa dall’art. 4 par. 1 punto 15 della MiFID II, estendendo la definizione di strumento finanziario agli strumenti emessi mediante blockchain, includendo anche i security tokens.
Helga C. Zanotti
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